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2017-12-10

Prevenzione ed equilibrio: le runner possono combattere amenorrea e osteoporosi

Riflessioni e consigli su un rischio tornato in primo piano dopo il caso di Bobby Clay, giovane promessa del mezzofondo britannico

ROMA - La vicenda di Bobby Clay, a 17 anni campionessa europea juniores nei 1500, ottava ai mondiali e oggi ventenne colpita dall'osteoporosi, propone una riflessione importante per l'intero movimento sportivo. Nel retroscena di certi risultati ci sono duri allenamenti quotidiani, tanti chilometri suddivisi in doppie sedute giornaliere attraverso le quali una ragazza che approda al professionismo arriva a sostenere volumi e carichi di lavoro stressanti.

Le considerazioni sono tante, molte di carattere medico, altre dal punto di vista nutrizionale e di integrazione, e ancora a livello psicologico. Fin quando non si capirà che lo sportivo di élite (sia nel settore giovanile che assoluto) necessita di attenzioni particolari, che i suoi fabbisogni sono impossibili da paragonare al sedentario, ci saranno sempre problematiche di questo tipo. Tanti i luoghi comuni e i miti da sfatare: il buon senso e l'applicazione del metodo scientifico sono necessari per salvaguardare la salute dell'atleta che non può essere seguito con approssimazione quando il suo è un corpo che viaggia giorno dopo giorno sempre al limite.
In questo articolo proporrò alcuni imput a genitori e atleti, su aspetti spesso sottovalutati ma che sono in realtà la chiave che apre il portone a problematiche come amenorrea e osteoporosi.


Fabbisogno di calcio spesso non soddisfatto. Una delle carenze più frequenti che concorrono all'insorgenza precoce di osteoporosi nelle nostre giovani promesse (soprattutto dell'atletica, del ciclismo o del pentathlon moderno) è l'enorme disparità tra consumo ed "entrate" di calcio. Certo, l'attività fisica  - in particolare di forza e d'impatto (per esempio, la corsa, ma anche la lotta, il judo, il pugilato) - aumenta la densità minerale ossea (BMD) attraverso le sollecitazioni esercitate sullo scheletro. Tuttavia, si tratta di un'arma a doppio taglio. Basti pensare che le perdite di calcio attraverso il sudore e l'effettivo utilizzo del minerale necessario alla contrazione muscolare, possono essere copiose.
Spesso il latte viene allontanato o limitato dalla dieta per la difficoltà ad essere digerito a causa di un deficit di lattasi che può diventare più marcato nel corso della vita. Quindi, soprattutto prima degli allenamenti mattutini si tende ad eliminarlo dalla colazione. Una scelta necessaria, tuttavia bisogna bilanciare poi nella giornata il fabbisogno trovando delle fonti alternative e facilmente digeribili. Per esempio aggiungere quotidianamente dello yogurt o ancora meglio del parmigiano nella dieta potrà sicuramente aiutarci. Inoltre non va sottovalutato l'apporto di calcio derivante dall'acqua, un valido alleato contro la carenza del minerale.

L'aggravante "vitamina D": monitorarla durante l'anno. Una carenza di calcio se abbinata a bassi livelli di vitamina D,  induce l'insorgenza di un deficit di BMD (densità minerale ossea), che anche se marginale può accrescere il rischio di fratture da stress, sia tra i frequentatori assidui di palestre che negli sportivi accaniti e gli atleti di alto livello di qualsiasi età. Purtroppo, anche se i nostri ragazzi svolgono allenamenti all'aria aperta, nei mesi autunnali e invernali l'esposizione solare diventa decisamente marginale: quindi è importante, se non fondamentale, dosare i livelli di vitamina D sempre nell'ottica di salvaguardare la salute dell'atleta. Consultando il medico sportivo, sarebbe opportuno dopo una valutazione dell'andamento dei livelli di vitamina, impostare se necessario un'integrazione. Un'osteoporosi precoce nella giovane atleta non può essere attribuita solo ed esclusivamente all'amenorrea, quindi al solo aspetto ormonale, ma anche a concause importanti come la carenza di calcio e vitamina D.

La problematica del ferro: prevenire è meglio che curare. Troppo spesso si parla di anemia solo in termini di correzione e non di prevenzione. Ci troviamo a doverla correggere dopo l'insorgenza della sintomatologia: i tempi si alzano, si fatica anche nella corsa di rigenerazione, cali di attenzione a scuola, stanchezza cronica. Solo allora ci si pone la fatidica domanda: "Sarà una carenza di ferro?". L'approccio non può essere quello che si avrebbe nel paziente sedentario: il giovane atleta, a maggior ragione se donna, necessita di attenzioni particolari. In caso in cui ci sia regolarità nelle mestruazioni, occorre tener presente che alla quotidiana perdita di globuli rossi - distrutti attraverso il microcircolo del piede ad ogni passo di corsa, oppure attraverso i molteplici microtraumi intestinali che incorrono durante l'allenamento, o ancora la perdita di ferro da sudorazione, urina e feci - si somma una perdita ematica mensile legata alle mestruazioni.

Inevitabilmente, la giovane atleta si espone ad un rischio elevato di incorrere in anemia. Occorrerebbe, quindi, dopo aver valutato lo stato del ferro, ematocrito ed emoglobina, consultare il medico sportivo per un'opportuna integrazione che corregga l'eventuale anemia; oppure un diverso approccio di integrazione, prolungata e ciclizzata, per mantenere una condizione ottimale durante tutta la preparazione. Solo così si potranno rimpiazzare le perdite quotidiane e mensili dell'atleta donna, prevenendo l'anemia piuttosto che curarla. Al persistere della condizione anemica vanno indagate con il medico le possibili cause patologiche, senza mai ricorrere al fai da te.

Ovviamente tutto ciò non può prescindere da un allenamento strutturato con raziocinio e logica scientifica, con carichi studiati sulle caratteristiche dell'atleta e in base alla sua condizione medica. Negli ultimi anni, infatti, è diventato sempre più chiaro il ruolo che, nel determinare l'insorgenza dell'anemia dell'atleta, ha l'epcidina, un ormone fondamentale nella regolazione del ferro nell'organismo. L'epcidina, infatti, influenza notevolmente l'assorbimento del ferro dalla dieta: quanto è maggiore la sua concentrazione nel sangue, tanto più ridotto è il ferro che viene assorbito a livello del duodeno; l'epcidina per di più regola (i suoi alti livelli lo riducono sensibilmente) il rilascio di ferro dai depositi, specie quelli epatici e della milza. Come conseguenza di questo duplice effetto, succede che nel sangue è inferiore la concentrazione di ferro e il midollo osseo si trova così carente di una materia prima, quale è il ferro, indispensabile per la produzione di emoglobina.

A causare l'aumento dei livelli di epcidina è l'aumento nell'organismo di sostanze pro-infiammatorie, a partire da alcune citochine: tale incremento, a sua volta, è determinato dagli allenamenti intensi e frequenti. Rispettare la tabella di allenamento che sicuramente prevede delle fasi di scarico e rigenerazione, permette ai livelli di queste sostanze pro-infiammatorie di rientrare e, dunque, di evitare un aumento dell'epcidina.  Spesso, invece, la giovane atleta, magari di nascosto dal suo allenatore, fa di più con la convinzione di fare meglio, quando invece non fa altro che pregiudicare rigenerazione fisica e psichica.
 
Non demonizziamo troppo la percetuale di grasso corporeo. Spesso si punta il dito contro la magrezza estrema che certi sport, come la corsa, possono determinare attraverso i pesanti allenamenti. A mio avviso, occorre una riflessione più approfondita che consenta di capire se la giovane atleta presenta una "magrezza salutare" o un "deperimento organico". Anche se basse percentuali di grasso corporeo si associano all'insorgenza di amenorrea, occorre però indagare anche le abitudini alimentari che hanno portato progressivamente (unitamente all'allenamento) alla percentuale incriminata.

Infatti quando il gap energetico tra entrate ed uscite è troppo marcato e si avvicina, talvolta superandole, alle 1000 kcal, sicuramente si instaurerà una perdita di peso repentina, con un calo concomitante di massa magra, e una discesa brusca anche della massa grassa. Lo stress fisico che ne deriva condurrà con estrema facilità all'insorgenza dell'amenorrea. Bisogna inoltre specificare che la percentuale di grasso salutare è difficile da evidenziare, poiché estremamente soggettiva e variabile.
Personalmente seguo atlete maratonete con il 7%-10% di massa grassa (determinata con metodica DEXA, valore esaminato in piena preparazione a ridosso della competizione) che hanno un ciclo regolarissimo, mentre ho potuto constatare l'insorgere di amenorrea in giovani donne con bodyfat del 16% (sempre determinata con metodica DEXA). Nel secondo caso descritto, anche se non ci troviamo di fronte ad una percentuale di grasso definita "non salutare", le abitudini alimentari avranno sicuramente giocato un ruolo determinante nell'insorgenza dell'amenorrea.

Raggiungere invece un miglioramento della composizione corporea in modo oculato, senza indurre restrizioni caloriche importanti e, soprattutto, educando i giovani e le famiglie alla corretta alimentazione, è la strada vincente per contrastare le frequenti problematiche ginecologiche.  Penso che sia compito del nutrizionista o del dietista sportivo, quello di periodizzare la composizione corporea dell'atleta donna anche a scopo preventivo, facendo comprendere che il miglioramento della condizione fisica deve essere graduale, progressivo e soprattutto finalizzato alla competizione (momento in cui si raggiunge il top della forma fisica) per poterla affrontare al meglio, ritornando poi a percentuali di grasso più consone, a maggior ragione se si tratta di giovani atlete.

"Meno peso più andrò forte": una delle convinzioni radicate, ma errate, tra i giovani. Sicuramente il peso corporeo è determinante negli sport antigravitazionali come la corsa o il ciclismo, ma spesso può essere un parametro fuorviante per determinare l'efficienza fisica di un atleta. Talvolta la giovane atleta tende a iponutrirsi nella convinzione che questo porterà a prestazioni migliori.

Supporto psicologico. Altro aspetto da considerare per il giovane atleta che approda al professionismo, è quello psicologico. Essere guidati nel saper gestire un allenamento o una gara andati male, lavorare sulla propria autostima e prevenire forme di controllo estremo, talvolta ossessivo, di ciò che si mangia, sono i principali obiettivi da perseguire in questa periodo della vita dell'atleta.
 
Ribadiamo, infine il concetto fondamentale: l'amenorrea e l'osteoporosi non devono essere necessariamente una "condanna" scritta per le nostre giovani atlete, ma solo un quadro che emerge se non si considerano aspetti essenziali come l'educazione  alimentare e la prevenzione medica .

*Dottore in dietistica

 

Fonte: La Repubblica https://www.repubblica.it/sport/running/salute-e-alimentazione/2017/12/10/news/prevenzione_ed_equilibrio_cosi_-183700426/